Dalla sua fondazione, nella prima metà del 1800, la Brouwerij Van Honsebrouck è ancora nelle mani dell'omonima famiglia fondatrice, anche se è solo dal 1950, con l'arrivo di Luc Van Honsebrouck, che il birrificio assume il nome attuale. Un cambio al timone che si rivela fondamentale per il successo e per il futuro del birrificio: Luc decide di terminare la produzione di anonime lager per dedicarsi alla produzione di lambic, dotandosi di foeders nei quali far maturare il mosto acquistato da produttori del Pajottenland. Il successo della linea St. Louis (Gueuze e lambic alla frutta) portò Van Honsebrouck a diventare il secondo maggior produttore di lambic "addolcito" del Belgio, dietro a Belle-Vue; il mosto viene oggi prodotto internamente e fermenta spontaneamente in vasche aperte; il birrificio continua ad etichettare i suoi prodotti come gueuze e lambic nonostante si trovi ben al di fuori dei confini del Pajottenland.
La gamma di Van Honsebrouck si completa con i marchi Bacchus (una Oud Bruin prodotta dal 1950), Brigand e Kasteel; queste ultime vennero lanciate verso la fine degli ani '80 per celebrare l'acquisto del castello della città di Ingelmunster, le cui cantine vengono ancora usate per la maturazione di alcune birre. Sebbene l'edificio attuale risalga al 1700, nello stesso sito esisteva prima un'abbazia e poi, a partire dal 1400, un castello con annesso birrificio.
La birra.
Cuvée du Château, massiccia (11%) belgian strong ale o quadrupel, come la definisce il birrificio, che prende ispirazione dalle cantine sotterranee del castello di Ingelmunster di proprietà della famiglia Van Honsebrouck; in quei locali dopo dieci anni d'invecchiamento le bottiglie della Kasteel Donker (altra strong ale da 11%) iniziavano a mostrare i segni del tempo regalando note di vino liquoroso. Al birraio Hans Mehuys venne l'idea di realizzare una birra che presentasse quelle caratteristiche senza dover attendere tutto quel tempo; nacque così la Cuvée du Château il cui aroma e gusto - promettono alla Van Honsebrouck - sono gli stessi di una Kasteel Donker invecchiata.
Millesimo 2012 in etichetta, quattro anni passati in cantina e colore (tonaca di fata, molto torbido) che ricorda effettivamente quello di una birra invecchiata: poca schiuma, un po' grossolana e abbastanza rapida nel dissolversi. Al naso caramello, biscotto, uvetta e prugna, il tutto ben imbevuto nell'alcool; ci sono le note ossidate di vino liquoroso ma anche quello molto meno gradevoli di cartone bagnato. Intensità piuttosto dimessa, aroma tutt'altro che entusiasmante. Uno scenario non molto differente si presenta al palato: il corpo è medio, la carbonazione non è particolarmente alta e la bevuta procede un po' slegata con una consistenza oleosa nella quale trovano posto biscotto e caramello, uvetta e prugna, zucchero candito; il dolce è davvero imponente ma viene ben contrasto dall'alcol, sempre presente nel corso della bevuta, che riesce ad asciugarlo. Nel finale c'è una netta astringenza mentre al gusto l'ossidazione porta più effetti negativi (cartone bagnato) che positivi (vino liquoroso); una birra con l'alcool piuttosto in evidenza che si sorseggia con calma ma senza adeguata soddisfazione. Al di là che il birrificio dichiari di aver fatto una birra che volutamente presenta le caratteristiche di una birra invecchiata, direi che i quattro anni trascorsi dalla messa in bottiglia non le hanno assolutamente giovato e che andava bevuta prima.
Formato: 33 cl., alc. 11%, lotto KACU606A15:38, scad. 06/2017, pagata 1.48 Euro (supermercato, Belgio).
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
Pensa cbe io invece la provai l'anno scorso ad Anversa, il vintage 2010 in bottiglia da 75cl, ed era in formissima, con note profonde di Marsala e un alcol molto armonizzato col dolce. Aveva tutto ciò che ci si aspetta da un'ottima birrona da lunga maturazione.
RispondiEliminaRicomperata in seguito, stavolta in bottiglia piccola (mi pare fosse proprio la 2012), in un beershop di Roma, la trovai assai meno entusiasmante...
infatti ne avevo sentito parlare bene. peccato, se mi ricapita un'altra annata la riprovo senz'altro.
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