Barrie, 115 chilometri a nord di Toronto e 120.000 abitanti che vivono sulle rive del lago Simcoe: da qui arriva Flying Monkeys, birrificio che si auto-considera uno dei pionieri della craft beer revolution in Ontario. Il fondatore è Peter Chiodo, nato in Canada ma cresciuto frequentando l’università negli Stati Uniti, in Alabama ed in Mississippi, scoprendo l’homebrewing e la birra dei birrifici craft a stelle e a strisce; ritornato in Canada Chiodo si è esercitato per un altro anno nel proprio garage prima di inaugurare nel 2005 la Robert Simpsons Brewery.
Robert Simpson fu il primo sindaco di Barrie (1871-1872) ma ancora prima fu un birraio di grande esperienza: fu lui a fondare il primo birrificio di Barrie, la Simcoe Steam Brewery. Chiodo dedica il suo birrificio a Simpson ma nel 2009 cambia idea rinominandolo Flying Monkeys suscitando più di un malumore tra i propri concittadini: “avere il nome di un morto non è molto eccitante – dirà – e la birra dovrebbe essere molto più divertente di una lezione di storia. Non abbiamo assolutamente nulla contro Simpson, ma pensiamo che Flying Monkeys meglio rappresenti chi siamo e dove vogliamo arrivare. Non vogliamo che il nome Simpson ci accomuni a produttori storici canadesi come Labatt o Sleeman”.
La produzione passa dalle classiche Golden Ale / English Pale Ale / Amber Ale / Lager di Robert Simpson ai più svariati stili: IPA ed Imperial IPA costituiscono il nucleo di una gamma che guarda soprattutto alla Craft Beer Revolution statunitense, paese verso il quale inizia anche l’esportazione. Il cambio di nome comporta anche il completo completo re-branding “psichedelico” delle etichette realizzato da Andrea, la moglie di Peter; il nome questa volta fa riferimento alle scimmie volanti del Mago di Oz. La produzione annua s’attesta intorno ai 10.000 barili, oltre 250 le diverse etichette elencate da Ratebeer: in sala cottura c’è attualmente l’head brewer Paul Buttery.
La birra.
Chocolate Manifesto: una massiccia (Triple) Imperial (Milk) Stout che debutta come produzione stagionale a novembre 2013 ed arriva all’interno di una divertente scatola tutta da leggere che proclama: “Chocolate Manifesto crea una di quelle rare “esbirrienze” (exbeeriences) di lussuria e trascedenza”. Più in concreto: malti Chocolate, Dark Crystal. Pale, Roasted Barley e fiocchi d’avena, lattosio. Il luppolo amaricante è il Millennium; oltre al malto Chocolate, gli altri due elementi che formano questa “Triple Chocolate Stout“ sono le fave di cacao ed il cacao in polvere forniti dalla ChocoSol di Toronto.
Completamente nera ed impenetrabile, forma nel bicchiere una generosa e golosa testa di schiuma color cappuccino, dall’ottima persistenza. Il naso è effettivamente un trionfo del cioccolato, nel bene e nel male; quasi sfacciati i profumi di cioccolato al latte, gianduia e cacao in polvere, con quest’ultimo che contribuisce un po’ troppo a creare un “effetto Nesquik”. L’aroma-dessert si completa con note di caffelatte, caramello bruciato, orzo tostato. La gradazione alcolica è importante (10%) ma questa Chocolate Manifesto è sorprendentemente docile al palato: corpo medio, poche bollicine ed una texture leggermente oleosa che sacrifica un po’ la morbidezza/cremosità in funzione della scorrevolezza. Il gusto si mostra coerente con l’aroma riproponendo con grande intensità cioccolato al latte, gianduia, caramello bruciato, caffelatte (molto zuccherato); il lattosio suggerisce la panna, forse anche la vaniglia ed è quasi con sollievo che nel finale arriva finalmente l’amato dell’orzo tostato e del caffè a portare un po’ d’amaro che bilancia di fatto la bevuta. L’alcool è gestito davvero molto bene ed è solo alla fine che viene a riscaldare la bevuta creando una sorta di liquore al cioccolato, impreziosito da qualche tostatura, il cui calore si diffonde nel lungo retrogusto.
La Chocolate Manifesto di Flying Monkeys tiene fede al suo nome: il cioccolato non è uno dei tanti elementi in gioco ma domina in lungo e in largo in quella che il birrificio stesso definisce una birra dessert. Pulita, intensa e facile da sorseggiare, convince a patto che vi piacciano questo tipo di birre: riesce a farsi perdonare anche qualche scivolone, soprattutto aromatico, nell’artificialità o, se preferite, nel “cioccolato/dolce industriale”. Molto buona ma, come spesso accade per questo tipo di birre, la generosa bottiglia da 75 è onestamente difficile d’affrontare in solitudine e non a causa del suo contenuto alcolico: il consiglio è di trovarvi un/una compagno/a di bevute, quando decidete di stapparla.
Formato: 75 cl., alc. 10%, lotto e scadenza non riportati, prezzo indicativo in Europa 17.00/20.00 Euro (beershop)
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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