Tra le tante beerfirm italiane non sono molte quelle che sono poi passate a produrre su impianti propri; tra i virtuosi c’è anche Railroad Brewing Co., che avevamo incontrato in veste di beerfirm nel 2013 con la IPA Janka. Lo fondano tre amici appassionati di homebrewing (Benedetto Cannatelli, Stefano Zanetto e Tommaso Colombo) che a partire dal 2010 iniziano a lavorare alle ricette su di un impianto pilota da 70 litri in un edificio situato nei pressi di binari ferroviari, location che ha ispirato anche il nome della beerfirm nata ufficialmente tre anni dopo.
I consensi ottenuti dal punto di vista commerciale e l’ingresso in società di altre persone hanno reso possibile l’acquisto di un capannone a Seregno (MB) all’interno di una più vasta area industriale dove un tempo si producevano tessuti. Accanto ai nuovi impianti (5 hl), se non erro attualmente affidati al birraio Tiziano Finotti, è stata anche realizzata una sala mescita (o Taproom, se preferite) dove poter anche acquistare bottiglie per asporto.
Il passaggio di status da beerfirm a birrificio ha anche portato un rinnovamento nella grafica delle etichette, mentre il sito web è ancora in costruzione; l’ispirazione birraria è dichiaratamente statunitense, con il luppolo a farla da padrone.
Le birre.
Due le bottiglie che mi sono di recente capitate tra le mani; partiamo dalla Gajarda, che in etichetta si definisce American Pale Ale ma che credo non s’offenderà se io dopo averla assaggiata la sposto nella categoria delle IPA (6.1% ABV e 68 IBU); il nome “romano” deriva dal fatto che è stata realizzata in realizzata in collaborazione con il Pub Draft di Roma. Simcoe, Saaz e Citra i luppoli utilizzati in una birra che si presenta dorata e velata, e forma una bella testa di schiuma bianca, cremosa e compatta, dalla buona persistenza. L’aroma non è esplosivo ma si dimostra molto pulito, ancora fresco e non privo di una certa eleganza; dominano gli agrumi del Citra (pompelmo, arancia, mandarino e cedro in secondo piano) arricchiti da qualche sfumatura di ananas. La bevuta prosegue in un’interpretazione di stile che rientra nelle mie corde: malti leggeri (crackers, miele), un bel carattere agrumato che parla soprattutto di pompelmo per poi virare deciso in territorio amaro, resinoso e terroso senza rinunciare a qualche gentilezza zesty. Una IPA davvero piacevole, molto ben attenuata che nasconde bene l’alcool; bevuta bilanciata tra frutta e amaro, con quest’ultimo che diventa protagonista solo nel retrogusto. Bene la pulizia sebbene ci siano margini di miglioramento, un po’ carente l’intensità dell’aroma, se proprio si vuole pignoli.
Il livello si alza con la Double IPA Zlatan, ispirata naturalmente al famoso calciatore Ibrahimovic (birra arrogante come lui, dicono) e presentata nel settembre 2015 alla Belle Alliance di Milano. Chinook, Mosaic e Nelson Sauvin se non erro sono i luppoli utilizzati sia in aroma che in amaro.
Dito medio in etichetta e colore minacciosamente ambrato carico, opaco: qualche riflesso color rame e un cremoso cappello biancastro di schiuma cremosa che ha un’ottima persistenza. “La potenza è niente senza controllo” è la frase che meglio s’addice a questa muscolosa interpretazione (8.3%) di Double IPA: l’alcool si fa sentire sin dal naso, oscurandone in buona parte la freschezza ed i profumi di frutta tropicale, lampone e pompelmo che s’intuiscono in sottofondo. Uno scenario simile si ripropone anche in bocca, dove la birra è effettivamente “arrogante” (Stone Brewing docet) ma anche lenta da sorseggiare; biscotto, lieve caramello, marmellata d’agrumi e canditi costruiscono una bevuta dolce che viene alleggerita da qualche iniezione di frutta (tropicale) fresca. L’amaro (resina) c’è ma fa quasi fatica ad emergere, risultando alla fine appena sufficiente per bilanciare la bevuta; l’alcool non si nasconde e contribuisce ad asciugare un po’ il dolce per poi riscaldare il palato in un retrogusto ricco di frutta sotto spirito. Non ci sono difetti, la birra è pulita ma è molto lontana dai miei gusti: il risultato non è affatto negativo, ma la birra guadagnerebbe infinitamente più punti se la componente etilica fosse tenuta sotto controllo e la conclamata aggressività fosse ottenuta con l'amaro e non con l'alcool, come insegnano alcune birre arroganti (questa e questa, ad esempio, ma anche questa) realizzate proprio da chi su questo aggettivo ha costruito il proprio successo.
Nel dettaglio:
Gajarda. 33 cl., alc. 6.1%, IBU 68, lotto 157,scad. 30/08/2017, prezzo indicativo 4.00/4.50 Euro.
Zlatan, 33 cl., alc. 8.3%, lotto 147, scad. 30/09/2017, prezzo indicativo 4.00/5.00 Euro.
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
Nessun commento:
Posta un commento