Continuiamo il nostro viaggio tra i nuovi birrifici londinesi, dopo Partizan, presentato poco tempo fa, è adesso il turno di Pressure Drop. Un'apertura davvero recentissima (2012) con la prima birra commercializzata a Gennaio di quest'anno. Tre sono i fondatori: Graham O'Brien (un ex "cellarman" del famoso pub Euston Tap con anche una breve esperienza alla London Fields), Ben Owen (ingegnere, uno stage alla London Fields Brewery) ed il food blogger Sam Smith (con un nome così...). E' uno dei birrifici londinesi più piccoli (3 barili) il cui nome ci sembra ispirato dalla omonima canzone dei Toots & The Maytals, rivisitata negli anni da molti altri gruppi, tra i quali i Clash. C'è inoltre uno strano legame, ormai quasi mistico, che vincola il destino di molti nuovi birrifici inglesi agli spazi che si trovano sotto le arcate della ferrovia. O, più semplicemente e meno romanticamente, c'è ampia disponibilità di questi locali che vengono affittati a prezzi ragionevoli. Come The Kernel e Partizan, anche Pressure Drop ha trovato "casa" lì sotto; siamo però distanti circa 7-8 chilometri dai colleghi sopra citati, nella zona nord-est di Londra (Hackney), non distante a piedi dalla fermata di Hackney Central. Al momento non ci sembra che il birrificio sia visitabile senza appuntamento o offra la possibilità di acquistare birra in loco, quindi informatevi in anticipo nel caso voleste fare una visita. Sono sei le birre in produzione, secondo quanto riporta il minimale sito ufficiale; sorprende vedere la presenza di tre birre di frumento e neppure una IPA, in netta controtendenza rispetto alla deriva "luppolata" che la "new wave" londinese ha intrapreso. Di luppoli ce ne sono parecchi anche in questa Pale Fire, brassata in diverse versioni a seconda del mix di luppoli disponibili in birrificio; l'etichetta non riporta l'esatta combinazione del caso specifico ma, a turno, sono stati usati Mosaic ed Amarillo, Amarillo e Citra, Nelson Sauvin e Hop X, un luppolo inglese sperimentale creato dai laboratori di Wye Hops. Minimale anche l'etichetta, per una birra "bottle conditioned" dalla shelf life dichiarata di soli cinque mesi cinque. Oro velato, generosa schiuma bianca, fine e cremosa, compatta, molto persistente. L'aroma non è forte, ma fresco e molto elegante, ed offre un interessante cocktail di frutta appena tagliata: agrumi prima di tutto (mandarino ed arancio) con un gradevole sottofondo di frutti di bosco (lampone, fragola), pesca bianca. In bocca ci ricorda un po' le produzioni dei colleghi "di portico di ferrovia" (The Kernel, Partizan). Debolissima base maltata (pane) ed un fruttato molto ruffiano che ammicca e conquista: lo scenario è quasi lo stesso dell'aroma. Subito agrumi con delle interessanti deviazioni di lampone, fragola e litchi/lychee. Facilissima da bere, molto dissetante e rinfrescante, correttamente secca e pulita, si congeda facendo l'occhiolino con un bel finale "zesty", pompelmo e lime, lungo, amaro e delicato. Leggera di corpo e abbastanza ben carbonata, entra a testa alta in quel gruppo di birre "zoccole" che non berresti tutti i giorni ma che, quando le incontri, ti fanno passare davvero un bel momento. Birrificio giovanissimo ma che parte già con il piede giusto, con un prodotto sì modaiolo ma profumato e molto pulito; Pale Fire è forse la loro birra più "facile", sarebbe interessante provare anche le loro tre birre al frumento (wit, dunkelweisse e weizen), nonchè la Porter e la Brown Ale. Per una volta, non avrete la tentazione di provare l'ennesima IPA. Formato: 33 cl., alc. 5%, lotto 05.02.2013, scad. 05.07.2013, pagata 3.78 Euro (beershop, Inghilterra).
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