Terza "sosta" del tour virtuale dei nuovi birrifici di Londra; dopo Partizan e Pressure Drop, eccoci bussare al portone di Weird Beard, giovanissimo birrificio aperto a settembre del 2012 da due ex homebrewers, Gregg Irwin e Bryan Spooner. Il successo delle loro produzioni al London and South East Craft Beer Festival di Novembre 2011 li ha spinti a fare il grande passo nel mondo dei professionisti; inizialmente la loro idea era di mettere casa (ovviamente !) sotto le arcate della linea ferroviaria (come The Kernel e i due birrifici sopra citati), ma alcuni problemi burocratici hanno li hanno costretti, per non perdere tempo, a stabilirsi ad Hanwell, un sobborgo nella cerchia ovest della Greater London. Al momento sono cinque le birre "regolari", una gamma che mostra una chiara propensione per il luppolo (tre IPA, una APA ed un milk coffee stout. Ben curato il sito internet, con un blog molto prolifico ed un'interessante sezione di magliette/felpe. La prima difficoltà che i due (ovviamente barbuti, visto che il nome del birrificio potrebbe tradursi come "barba strana") birrai incontrano è quella della trasposizione delle ricetta da un impianto casalingo da 21 litri ad uno da 10 barili. Ancora un po' insicuri, scelgono di debuttare con una ricetta semplice, una India Pale Ale brassata con due tipi di malto e due tipi di luppolo, aggiunti solamente negli ultimi 20 minuti di bollitura e, successivamente, in dry hopping; l'idea è di chiamarla "Hit The Lights IPA", ovvero la IPA "che viene alla luce". Il risultato finale non è però quello desiderato; potere leggere la storia completa su questa pagina del blog del birrificio. Per riassumere, a causa di un errata installazione dei termometri che controllano la temperatura della fermentazione, questa avviene ad una temperatura più alta del dovuto. Al momento del dry hopping nel fermentatore, l'apertura della "botola" scatenò una violenta fuori uscita di schiuma che colpì in pieno il birraio Gregg. Sino all'ultimo i due birrai sono indecisi sul da farsi, pensano di buttare via la cotta ma, dopo aver assaggiato il risultato finale, privo di off-flavors, decidono che la birra è buona e che vale la pena di metterla ugualmente in commercio, anche se molto più amara di quanto avrebbero voluto. Si tratta quindi di un debutto con una birra "one shot", che per l'occasione viene anche rinominata "Miss The Lights", ovvero il contrario di "Hit the Lights". Ne vengono realizzati 12 caks, 15 key kegs e circa 750 bottiglie; i luppoli utilizzati sono Target ed Aurora. Nella pinta è di colore ramato, opaco; la schiuma, biancastra, è cremosa ma poco persistente. L'aroma reca ancora i "segni" del dry hopping: fresco, forte e pulito, abbastanza elegante: diverse sfumature di agrumi, dall'arancio al pompelmo, al mandarino, con qualche remoto sentore tropicale ed una leggera mineralità. Il gusto batte all'incirca sugli stessi tasti; dopo l'ingresso maltato (biscotto) c'è tanto pompelmo con qualche nota terrosa che conferisce a questa IPA un carattere un po' grezzo, rustico, quasi scorbutico. Il finale, amaro, è un mix abbastanza intenso di pompelmo/resina/vegetale, con quest'ultimo elemento più in evidenza degli altri, ed una leggera nota pepata. Corpo da leggero a medio, carbonazione moderata, IPA intensa e molto profumata, con un carattere rustico che la colloca lontano da certe birre ruffiane ai confini del cocktail di frutta tropicale. Molta sostanza, insomma, forma ancora un po' grezza, ma ottime premesse per un birrificio che non ha neppure acceso la prima candelina. La sorella "Hit the Light" ha nel frattempo finalmente visto la luce, quindi se siete a Londra cercatela e bevetela. Formato: 50 cl., alc. 5.9%, lotto 002, imbott. 02/2013, scad. 02/2014, pagata 4.37 Euro (beershop, Inghilterra).
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