Il 1845 è la data ufficiale della fondazione del birrificio Fuller, Smith and Turner, nel sito di Chiswick, Londra, dove si produce birra ininterrottamente dal 1645: dal 1816 vi operava la Griffin Brewery che, in cattive acque finanziarie, ottenne l’aiuto finanziario (1829) da parte di John Fuller che vi entrò come socio. Nel 1841 gli altri soci Griffin gettarono la spugna e Fuller, rimasto solo, continuò le operazioni con l’ingresso di Henry Smith e del birraio John Turner, formando così la Fuller, Smith and Turner.
Dal 1845 ad oggi sono trascorsi 171 anni e la storia brassicola di Londra ha attraversato alti e bassi; nel diciannovesimo secolo era la capitale mondiale della produzione di birra, ma alla fine del ventesimo secolo l’unico produttore rimasto in piedi era proprio Griffin/Fuller. Nel 2000 arrivarono Meantime a Greenwich, ma ci fu bisogno di attendere altri dieci anni per assistere alla rinascita brassicola di Londra grazie all’apertura di decine di microbirrifici, brewpub e pub devoti alla “craft beer”; che questo poi si sia realizzato principalmente con la produzione di birre che cercano di replicare quelle realizzate negli Stati Uniti è un altro discorso. Fuller ha continuato ad andare dritto per la sua strada mostrandosi quasi impermeabile alle contaminazioni americane della “new wave londinese”: dico “quasi” perché ad esempio Fullers è importatore ufficiale per il Regno Unito di Sierra Nevada. Ma anziché iniziare a sfornare decine di IPA ha preferito continuare a rovistare nel suo straordinario passato aggiungendo ogni tanto un nuovo tassello nella sua gamma delle splendide “Past Masters”.
Lo scorso anno Fuller ha spento 170 candeline celebrandole con la 170th Anniversary Celebration Ale: sarebbe stato forse sin troppo banale festeggiarlo con una birra “importante” come una Imperial Stout o un Barley Wine magari affinato in botte, e invece alla Fuller hanno mantenuto la loro flemma realizzando una semplice Golden (Strong) Ale con malti Caragold e Pale Ale, frumento, avena ed una luppolatura di Goldings e Liberty: l’unica trasgressione che l’head brewer John Keeling si è concesso è stata la scorza d’arancia.
La birra.
Colorata d'oro e d'arancio, leggermente velata, forma nel bicchiere una bella testa di schiuma biancastra, fine e cremosa che tuttavia si dissolve abbastanza rapidamente. L'aroma offre puliti profumi di miele e canditi, soprattutto arancia, pesca ed albicocca sciroppata, marmellata d'arancia, un sottofondo biscottato; pulizia ed intensità ci sono, nel complesso il naso risulta però molto dolce, rischiando di sconfinare un po' nello stucchevole. Bene, anzi benissimo la sensazione palatale: carbonazione bassa, corpo medio, bevuta scorrevole ma morbida e quasi cremosa, grazie all'avena. Il gusto ricalca in fotocopia l'aroma con estremo rigore: base di biscotto, miele ed arancia candita compongono un quadro dolce ma molto più bilanciato dell'aroma, grazie ad un'ottima attenuazione e ad una leggera acidità che rende la frutta sciroppata quasi rinfrescante. La chiusura indulge per pochi istanti nell'amaro, tra note erbacee, di frutta secca e di scorza d'arancia amara: l'alcool (7%) rimane sempre in secondo piano ritagliandosi un po' più di spazio solo nel retrogusto.
La birra-anniversario di Fuller è molto pulita ed elegante, è ben eseguita ma non regala troppe emozioni: il packaging curato non basta a giustificare il prezzo premium; è una buona bevuta ma mi sarei aspettato un anniversario che restasse più impresso nella memoria di chi sceglie di celebrarlo insieme a questo pezzo di storia della Londra brassicola.
Formato: 50 cl., alc. 7%, scad. 12/2018, 9.99 Euro (foodstore, Germania)
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio della bottiglia in questione e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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