Risalgono al 1862 le prime notizie riguardanti la produzione di birra all’interno dell’edificio del diciassettesimo secolo di Berger Strasse 1, nel centro storico (Altstadt) di Düsseldorf; è Wilhelm Cürten ad acquistare il “Bergische Hof’, un birraio burbero e spesso di cattivo umore al punto da guadagnarsi il soprannome di “Uerige”, che nel dialetto locale significa appunto “lo scorbutico, il brontolone”.
Il testimone passò (1886) nella mani del figlio Max poi prematuramente scomparso nel 1902 a soli quarantun anni: sua moglie diede prima in gestione e poi vendette il birrificio al birraio Jean Keller – un altro burbero – che lo guidò sino al 1934 per poi affittarlo a Jakob Lotz. Nel 1937 la Uerige viene acquistata da Rudolf Arnold – già birraio a Coblenza – al quale spettò il compito della ricostruzione dopo i gravissimi danneggiamenti del 1943 e 1944 causati dai bombardamenti aerei: assieme ai suoi dipendenti (cameriere, cuochi e birrai che erano sopravvissuti alla guerra) iniziò un duro lavoro terminato nel 1949 e proseguito poi con la costruzione di un edificio annesso terminato nel 1951. Rudi Arnolf fu uno dei più longevi proprietari di Uerige, famoso anche per essersi opposto all’innalzamento delle tasse su liquori e superalcolici smettendo di servirli e affiggendo dei cartelli di protesta che – mi dicono – sono ancora oggi visibili sulle pareti del ristorante.
Nel 1974 vengono inaugurati i nuovi impianti produttivi e, proprio nell’anno del suo ottantacinquesimo compleanno, Rudolf inizia a cercare il suo successore: il prescelto è Josef Schnitzler, figlio dei proprietari di un altro storico e famoso birrificio di Düsseldorf, i “concorrenti” della Brauerei Schumacher, gestita dalla sorella Gertrud. Assieme alla moglie Christa, il birraio Josef Schnitzler prende possesso di Uerige il 1 gennaio del 1976, in un passaggio di consegne molto “chiaccherato”; la famiglia Schnitzler ne detiene ancora oggi la proprietà, con il testimone passato nel 1999 nelle mani di Michael.
Düsseldorf è la città della “Altbier”, con quel prefisso “Alt” che sta a significare “vecchio”: è una birra prodotta con lievito ad alta fermentazione (che viene però fatto "lavorare" a bassa temperatura), antecedente all’isolamento dei ceppi a bassa fermentazione, e che ha poi “stoicamente” resistito alla colonizzazione operata da lager, pils, bock, etc etc. La Altbier più famosa ma anche quella da evitare è la Diebels, ma se andate nel centro storico di Düsseldorf troverete ancora piccoli produttori capaci di regalare grandi soddisfazioni, come raccontato in questo reportage del blog Berebirra.
Dalla Altbier facciamo un passo in avanti in direzione della “Sticke”, nome che nel dialetto locale significa “segreto”: si dice che questa birra sia nata da un errore commesso in un tempo non ben precisato dal birraio di Uerige nel preparare la classica “Alt”. Ebbe la mano troppo pesante ed aggiunse una quantità esagerata di malti e luppolo, riuscendo però a realizzare una birra molto gradita a quei pochi che riuscirono ad assaggiarla. Furono proprio questi fortunati ad iniziare questo segreto passaparola su di una birra che veniva ogni tanto ripetuta per il piacere di quei pochi che ne conoscevano l’esistenza. Oggi la Uerige Sticke non è più un segreto, ma un evento molto pubblicizzato che si tiene due volte l’anno, ovvero il terzo martedì di ottobre e di gennaio, quando viene servita direttamente dalle botti di legno. Semplificando, si potrebbe concludere che la Sticke sia per una Alt l’equivalente di una Bock o di una Maerzen/Oktoberfest per una Helles.
Nel 2005, sembra su richiesta del mercato americano, Uerige lancia sul mercato la DoppelSticke: 8.5% di contenuto alcolico e disponibilità nel corso dei mesi invernali, nella caratteristica bottiglia dal lungo collo e con tappo meccanico. La ricetta dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) prevedere malti Pilsner, Roasted e Caramello, luppoli Hallertau Perle, Hallertauer Spalter e Spalt Spalter.
Nel bicchiere si presenta di color ambrato piuttosto carico, con bei riflessi ramati e rossastri ma anche molte particelle di lievito in sospensione, nonostante la cura nel versarla; la schiuma beige chiaro è cremosa e compatta, ed ha un'ottima persistenza. L'aroma è esuberante ma lascia per strada eleganza e finezza: è uno sciroppo dolce e zuccherino, ricco di ciliegia e prugna, con un sottofondo di biscotto e pane nero. Sicuramente meglio il primo sorso, nel quale questa DoppelSticke regala un corpo medio e una carbonazione molto delicata che la fa risultare oleosa e morbida. L'alcool non si nasconde e a mio parere mostra assai più del valore dichiarato (8.5%): viene a mancare la proverbiale facilità di bevuta della tradizione tedesca che caratterizza anche le Doppelbock, categoria stilistica alla quale si potrebbe vagamente far riferimento, con tutte le limitazioni dal caso. Ne risulta che la birra si sorseggia con gusto ma piuttosto lentamente, in un insieme di sapori che richiamano l'aroma nella ciliegia e nella prugna, nel pane nero e nel biscotto: all'elenco aggiungo caramello e melassa, liquirizia, uvetta. Nonostante la spiccata dolcezza sciropposa, l'eccellente attenuazione riesce a non renderla stucchevole, aiutata dalla chiusura amaricante che ricorda il pane nero tostato, la frutta secca ed il terroso; anche l'alcool contribuisce ad "asciugare" un po' il dolce regalando un retrogusto caldo che abbraccia melassa, uvetta e frutta sotto spirito in un accenno di vino liquoroso. Un buona compagna per i mesi più freddi dell'anno, ma anche una delle bevute tedesche "più impegnative" che mi è capitato di fare.
Formato: 33 cl., alc. 8.5%, IBU 75, lotto 14715, scad. 05/2016, 3.45 Euro (beershop, Germania).
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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