Modern Times Beer apre le porte a maggio 2013 nel quartiere Point Loma di San Diego, California; il fondatore è Jacob McKean, giornalista freelance “illuminato” da un bicchiere di Tripel Karmeliet all'Hoplead bar di Chicago. La birra diventa la sua passione, prima come scrittore-blogger e poi come beergeek ed homebrewer (sei anni): il suo desiderio di lavorare nella birra lo spinge ad inviare curriculum ad una miriade di birrifici. Lo chiamano alla Stone di Escondido ma anziché venire assunto come assistente birraio gli tocca una scrivania come Communication Specialist all’interno dell’ufficio marketing, dove si occupa anche dei contenuti del Blog di Stone. Jacob considera tuttavia fondamentali i due anni passati alla Stone per riuscire a comprendere il funzionamento di un birrificio e per redigere il proprio business plan in vista dell’apertura in proprio.
Lasciata la Stone, in 18 mesi riesce a raccogliere finanziamenti per i 1,25 milioni di dollari necessari a fondare la Modern Times Beer; è lui stesso a raccontare il suo percorso nell’articolo “How I raised $1.25 million to start my brewery” che viene pubblicato dal sito Beerpulse. Coi fondi viene acquistato un impianto da 35 hl e fermentatori per una capacità totale di 5280 hl; impegnato a divincolarsi tra la burocrazia, le banche, gli avvocati ed i fornitori, McKean chiede aiuto per la messa a punto delle ricette a Mike Tonsmeire, autore del leggandario sito The Mad Fermentationist seguito da (quasi) ogni homebrewer americano. In sala cottura viene assunto un team composto dall’headbrewer Matt Walsh (ex Lost Coast, Speakeasy e Karl Strauss) affiancato dagli ex homebrewers Derek Freese ed Alex Tweet. Freese aveva fondato la East Village's Monkey Paw Pub a San Diego mentre Tweet arriva da Ballast Point alla quale era giunto dopo aver vinto un concorso per homebrewer con una ricetta poi diventata la stout Indra Kunindra.
Ma Modern Times è anche un “business case” che finisce per essere analizzato dai siti e dai blog del settore: è infatti il birrificio (siamo nel 2013) ad ottenere il più alto crowdfunding tramite Kickstarter, con circa 50.000 dollari raccolti per finanziare solo l’apertura di una taproom e di un magazzino da dedicare agli affinamenti in botte in una zona meno periferica di San Diego: i partecipanti vengono ripagati con l’iscrizione ad un club che darà loro in cambio birre e/o accesso prioritario alle edizioni limitate.
L'inziativa ha successo anche grazie alla capacità di McKean di coinvolgere mediatamente la fervida scena locale d San Diego; il suo blog (come fece un tempo Patrick Rue con The Bruery) racconta giorno per giorno le vicende che precedono la fondazione del birrificio; viene coinvolto un homebrewer (The Mad Fermentationist) molto famoso; partecipano al crowfunding fornitori locali di fusti e materie prime; il futuro team di birrai (tutti già noti a San Diego) viene reso noto ancora prima della partenza del crowfunding: questi elementi aiutano a rafforzare il concetto di “drink local” e lo spirito comunitario di una città nella quale la “craft beer” ha una grande rilevanza. In molti vogliono dare il loro piccolo contributo partecipando alla causa con poche centinaia di dollari.
L'inziativa ha successo anche grazie alla capacità di McKean di coinvolgere mediatamente la fervida scena locale d San Diego; il suo blog (come fece un tempo Patrick Rue con The Bruery) racconta giorno per giorno le vicende che precedono la fondazione del birrificio; viene coinvolto un homebrewer (The Mad Fermentationist) molto famoso; partecipano al crowfunding fornitori locali di fusti e materie prime; il futuro team di birrai (tutti già noti a San Diego) viene reso noto ancora prima della partenza del crowfunding: questi elementi aiutano a rafforzare il concetto di “drink local” e lo spirito comunitario di una città nella quale la “craft beer” ha una grande rilevanza. In molti vogliono dare il loro piccolo contributo partecipando alla causa con poche centinaia di dollari.
Non rimane che parlare del design: le belle lattine da una pinta di Modern Times rappresentano un azzeccato mix di antico e moderno, curato dallo studio Helms Workshop di Austin (Texas), il cui design prende ispirazione dalle grafiche di alcune vecchie lattine collezionate da McKean e le trasporta di fatto nel ventunesimo secolo. Modern Times debutta sul mercato il 24 giugno 2013 mentre in settembre viene inaugurata la taproom chiamata Lomaland Fermentorium; a fine 2013 il solito Ratebeer l’include tra i 10 migliori nuovi birrifici al mondo “nati” in quell’anno.
Nella città che ha reso famosa nel mondo la IPA West Coast-style, Modern Times sceglie di partire a sorpresa con quattro lattine che ignorano volutamente lo stile: Coffee Stout, Saison, American Wheat Ale e Amber Ale, perché, dirà McKean, “ci sono già così tanti birrifici che fanno ottime IPA/DIPA qui intorno”. La distribuzione viene affidata a Stone; le IPA arriveranno solo in un secondo momento, assieme agli affinamenti in botte e alle birre acide, imbottigliate in una linea separata al fine di evitare qualsiasi contaminazione batterica con le lattine.
Blazing World è il nome dell’Amber Ale di Modern Times, una birra che sviluppa una vecchia ricetta casalinga chiamata Pacific Nectar. Jacbo McKean e Mike Tonsmeire “The Mad Fermentationist” vogliono includere tra le quattro birre di debutto una dedicata al luppolo, senza tuttavia produrre l’ennesima IPA; l’idea è di mettere “idealmente” assieme tre birre che entrambi amano, la Nugget Nectar di Tröegs (Pennsylvania), la succosa IPA Nelson di Alpine (San Diego) e la Furious di Surly (Minnesota). Come per tutte le Modern Times, la ricetta è “open source” e può essere scaricata nella versione “homebrewing” direttamente dal sito del birrificio: i malti sono Two Row, Monaco e Midnight Wheat, mentre la generosa luppolatura vede protagonisti Nelson Sauvin, Simcoe e Mosaic.
Nel bicchiere è ovviamente ambrata e quasi limpida, con un bel cappello di schiuma ocra, cremosa e compatta, dalla buona persistenza. Il birrificio Americano ammette di curare molto la componente aromatica delle birre: la lattina in questione ha circa tre mesi di vita, lasso temporale accettabile per attraversare l’oceano ma che ha certamente qualche effetto sull’intensità e sulla freschezza. Il naso risulta molto pulito e mantiene ancora una buona freschezza, con pungenti profumi di aghi di pino e resina, un lieve carattere terroso e quell'intraducibile dank (verde, erba, marijuana) ad affiancare le sfumature di pompelmo, frutta tropicale e malto/biscotto. La sensazione palatale è perfetta, con corpo medio, una delicata carbonazione ed una riuscitissima convivenza tra morbidezza/presenza palatale e scorrevolezza. E’ tuttavia al gusto che questa Blazing World impressiona maggiormente: i malti sono lievi e assolutamente mai invadenti, con il caramello splendidamente integrato nelle sensazioni dolci di frutta tropicale a fare da supporto alla generosa ed elegante luppolatura che parte in sordina per poi terminare in un intenso ed elegantissimo crescendo amaro di resina e aghi di pino, con un tocco terroso e di pompelmo. Birra pulitissima che riesce a stupire con la delicatezza del dolce e fragrante supporto a sostegno della massiccia luppolatura, evitando pericolosi "caramelloni" o ingombranti colonne di malto. Tecnicamente davvero molto ben eseguita, di facile lettura e di facile fruizione, regala davvero belle soddisfazioni; nasce a San Diego e quindi si congeda, ça va sans dire, con un lungo retrogusto amaro, resinoso, leggermente "pepato" e rafforzato da un lieve tepore etilico.
Formato: 47,3 cl., alc. 6.8%, IBU 85, imbott. 03/12/2015, 6.00 Euro (beershop, Italia).
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
Formato: 47,3 cl., alc. 6.8%, IBU 85, imbott. 03/12/2015, 6.00 Euro (beershop, Italia).
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
Ottima descrizione di un birrificio che nato da poco si è imposto a San Diego come una delle perle della città. Le IPA le fanno tra le birre stagionali a rotazione e oltre agli stili già citati su cui si concentrano, aggiungo che sperimentano abbastanza anche con le uve (ho bevuto diverse varianti della loro saison con diversi vitigni, a memoria mi pare Merlot, Chardonnay e Pinot Noir). Hanno pure un caffè di loro produzione e sulle Stout eccellono, durante il tour che ho fatto lì il bartender ha aperto una bottiglia di un esperimento che stava in cella frigorifera, una stout con cocco squisita. Se vi trovate a San Diego non dovete mancare una visita, è piuttosto in centro e facilmente raggiungibile anche con i mezzi pubblici (trolley + 10 minuti a piedi)
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