Il Birrificio Gilac non è certo uno degli ultimi arrivati sulla scena italiana; è attivo dal 2007, quindi in tempi ben lontani dall'esplosione demografica di birrifici che è avvenuta negli ultimi cinque anni. Lo fondano i coniugi Claudia Bidone (una tra le poche birraie in Italia), il marito Salvatore Sparacio ed il fratello di quest'ultimo, Vincenzo (musicista eclettico, insegnante e percussionista professionista) a Val della Torre (Torino); nel 2013 avviene il trasloco nella vicina (quindici chilometri) Rivoli, e per l'occasione viene anche completamente rinnovata la grafica dell'etichette, il sito internet ed il logo del birrificio, che abbandona la veste "agricola" ed il legame con il territorio (rappresentava, stilizzandola, l’infiorescenza della Euphorbia gibelliana, una pianta spontena che cresceva in Val Ceronda) per assumerne una più moderna, austera e pulita. Nel passato di Gilac c'è l'homebrewing, nel presente l'obiettivo di produrre birre semplici e di facile fruizione "senza scoraggiare il consumatore costringendolo a dover compiere uno sforzo cognitivo eccessivo per poter gustare una buona birra". Al momento sono dieci le etichette prodotte, sei ad alta fermentazione e quattro a bassa.
Nonostante sia attivo da sette anni, non mi era mai capitata l'occasione sino ad ora di trovare da qualche parte le produzioni di Gilac; ringrazio quindi Dario di www.iperdrink.it per avermi inviato una bottiglia di Dorita da assaggiare. Si tratta di una classica Pils, dal colore dorato opalescente con qualche sfumatura arancio; la schiuma, bianca, è fine, compatta, cremosa ed ha una buona persistenza.
L'aroma è pulito, con sentori floreali (soprattutto camomilla), di miele e di mollica di pane, cereali; in sottofondo si avverte una leggerissima speziatura (pepe), qualche traccia erbacea e, mi sembra, di agrumi. In bocca è corretta, con un corpo snello ed una carbonazione media: è watery e scorrevole come una Pils deve essere, anche se il gusto si rivela essere un po' meno intenso - e pulito - dell'aroma. Dopo l'ingresso di cereali e di pane, c'è un lieve passaggio a vuoto, un po' troppo acquoso (a fatica emerge una nota di miele d'arancio e forse di agrumi), prima della chiusura delicatamente amara ed erbacea, forse un po' timida. E' una birra facilissima da bere, che mi sembra rispecchi bene la filosofia del birrificio di mirare a produrre birre semplici da bere senza sforzi: ma chi fa birra sa anche che la semplicità non è affatto semplice da raggiungere, se mi passate il gioco di parole. Le Pils sono tra le birre più difficili da fare, prive di paraventi o estremismi che possono aiutare a coprire eventuali difetti; questa Dorita viene un po' penalizzata da una bottiglia vicina alla data di scadenza, quando lo stile brassicolo imporrebbe un rapidissimo consumo. Va da sé che questa Pils ha perso buona parte di quella fragranza e freschezza che sono esse stesse un parametro fondamentale per una bevuta pienamente soddisfacente. Potrebbe comunque essere una buona "gateway beer" per chi ha il palato abituato ai prodotti industriali e necessita di qualcosa di qualità superiore che però non si allontani troppo da quello che è abituato a bere; i palati più allenati noteranno invece una discreta intensità e pulizia, ma intravedranno anche i necessari margini di miglioramento per quel che riguarda la personalità ed il carattere.
Formato: 33 cl., alc. 4.5%, lotto 96/13, scad. 10/2014 (la potete acquistare qui www.iperdrink.it)
Nessun commento:
Posta un commento