Sono già sette i componenti della famiglia "Frontier" della beerfirm danese To Øl, che vi ho presentato qui. Forse diventa anche difficile inventarsi dei nuovi nomi, continuando a sfornare nuove birre in continuazione, e così l'idea della "serie" può venire in aiuto in caso di mancanza di creatività che comunque, almeno dal punto di vista linguistico, sembra ancora non mancare ai due allievi di Mikkeller. La saga inizia con la "semplice" IPA First Frontier (idealmente la prima birra di una serata), per poi passare alla Final Frontier, una muscolosa Double IPA. Ma sono arrivate anche la Space Frontier (in collaborazione con Brewfist), la Baltic Frontier (con olivello spinoso) e la Southern Frontier (una APA con aggiunta di mais). Le ultime due della famiglia "Frontier" rappresentano invece una deviazione dagli stili anglosassoni, entrando invece in territorio belga, dove peraltro la maggior parte di queste birre viene prodotta (De Proef).
Ecco quindi due Sans Frontière, una "normale" ed una poi invecchiata in botte. Mi limito alla prima versione, una Belgian Ale generosamente luppolata con luppoli europei e poi rifermentata in bottiglia con (i modaioli) brettanomiceti. Il dubbio che hai con queste birre è sempre lo stesso: berle giovani, per meglio gustarne il profilo luppolato, o lasciarle in cantina per permettere ai brettanomiceti di "diventare adulti" e di far meglio sentire la voce? Costasse come un Orval, sarebbe giusto comprarne almeno un paio e fare entrambe le cose: ma il prezzo non rende molto economico l'esperimento, e questa volta scelgo di lasciarla in cantina per un anno circa. In etichetta una frase (Heaven knows no frontiers, and I see heaven in your eyes) dalla canzone No Frontiers degli irlandesi The Corrs, gruppo che ebbe un buon successo alla fine degli anni 90 grazie (anche? soprattutto?) all'aspetto estetico delle tre sorelle Corr.
Anyway.. all'aspetto questa Sans Frontière si presenta di color ambrato con sfumature ramate, con un cappello di schiuma ocra, un po' grossolana, cremosa e dalla media persistenza. Al naso c'è una leggera nota pepata, che introduce un bouquet di frutta secca, caramello, terra umida, marmellata d'agrumi e qualche lieve sentore floreale. L'ingresso in bocca è maltato (biscotto, frutta secca, caramello) seguito da note più dolci di marmellata d'agrumi; c'è una lieve acidità prima del finale amaro, di mandorla e di terra. L'idea di To Øl era quella di creare una Belgian Ale rustica grazie all'apporto dei brettanomiceti; la birra ha una buona intensità ma alla domanda "la ricompreresti ?", risponderei senz'altro di no. Il risultato più che rustico mi sembra un po' confuso: l'abbondante luppolatura ormai divenuta marmellata non si sposa benissimo con l'amaro terroso, e l'equilibrio che (immagino) la birra avesse da giovane è andato perduto senza poi mantenersi nel tempo. Probabilmente andava bevuta da giovane; i "bretta" ci saranno anche, non lo metto in dubbio, ma la loro presenza mi sa più di marketing che di sostanza. Se il risultato era quello di replicare una Orval, credo che non sia andato a buon fine.
Formato: 75 cl., alc. 7%, scad. 23/05/2017, pagata 10.00 Euro (beershop, Italia).
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