Risalgono al 1590 le prime testimonianze di un birrificio all’interno del castello di Au, nella regione tedesca dell’Hallertau, amata da tutti i birrofili in quanto è qui dove si concentra la maggior parte della produzione di luppolo tedesco. In quel periodo nel castello, di proprietà del barone Von Thurn, operava un birraio chiamato “Schweiger”. Dal 1846 la proprietà e nelle mani della famiglia Beck von Peccoz, oggi alla sesta generazione di discendenti con Michael Beck von Peccoz: il barone risiede ancora nel castello ed il birrificio è attualmente guidato dal birraio Stefan Ebensperger.
La produzione guarda ovviamente con grande rispetto alla tradizione tedesca, con Helles, Hefeweizen e Bock nelle loro varie declinazioni; l’intento dichiarato sul sito del birrificio è proprio quello di preservare la tradizione, con il motto “nuovo non è necessariamente sinonimo di migliore” (dass "neu" keine unbedingte Gleichung mit "besser" eingeht). Ciò nonostante, nel 2013 il birrificio apre timidamente al moderno, che nella Germania attuale coincide quasi sempre con una replica degli stili americani , ovvero APA ed IPA.
Nasce così la gamma Hopfull, proposta nel formato 33 cl: arriva prima una Pale Ale, prodotta con luppoli dell’Hallertau, seguita di recente da una Dark Ale (una sorta di Black IPA, forse?) anch’essa con luppolatura 100% tedesca. Il bouquet viene formato da Polaris, Hallertauer Hersbrucker, Mandarina Bavaria e Saaz.
Si presenta di color marrone scuro, con degli splendidi riflessi rosso borgogna: la schiuma beige chiaro è croccante, fine e cremosa, molto persistente. Al naso c’è una composizione che personalmente non trovo particolarmente ben assemblata e dove convivono note di pompelmo, accenni di frutta tropicale, pane nero, una leggerissima affumicatura. Anche il gusto è alquanto indeciso su quale direzione prendere, non brilla assolutamente di pulito e non è facilmente descrivibile. Su di un sottofondo leggermente terroso e di pane nero c’è qualche nota di polpa d’agrumi ed un qualcosa che potrebbe assomigliare al tropicale. “Potrebbe”, appunto. Il risultato è complessivamente bevibile ma il mix non funziona e non è particolarmente gradevole, oltre che incomprensibile: quella che potrebbe sembrare un timido esempio di Black IPA (Ratebeer la classifica come Stoch Ale, e vabbeh..) chiude con un retrogusto leggermente amaro, tra il terroso ed il vegetale.
Non mi resta che chiudere citando proprio quel motto inneggiante alla tradizione che viene riportato sul sito della Schlossbrauerei Au: “nuovo non è necessariamente sinonimo di migliore”, e in questo caso mai parole furono più appropriate.
Formato: 33 cl., alc. 6.8%, IBU 51, scad.25/06/2015, pagata 2.10 Euro (beershop, Germania)NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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