Ritorna la beerfirm svedese Omnipollo, della quale proprio in questo periodo sono disponibili in Italia un discreto numero di birre; al timone c’è l’ex-homebrewer Henok Fentie poi raggiunto da Karl Grandin, ex art-director della rivista musicale svedese Pop, titolare dello studio di grafica Vår e co-fondatore del marchio di jeans svedese Cheap Monday, del quale ha curato soprattutto la visual identity: il marchio, nato in un negozio di seconda mano di Stoccolma, fu poi acquistato nel 2008 dal colosso H&M. Karl fu presentato a Henok da un’amica in comune, che era rimasta terrorizzata dalle bozze delle prime etichette, anonime e facilmente confondibili tra tante altre.
Nel 2011 avviene il debutto con la Leon, una Belgian Ale chiamata come il proprio figlio e rifermentata con lieviti da champagne, che viene prodotta presso gli impianti di De Proef, in Belgio: la parte grafica viene ovviamente curata da Karl Grandin; con i suoi contatti, il designer non ha difficoltà a piazzare la birra nei locali più trendy di Stoccolma, in particolare quasi tutta viene assorbita dal Bar Riche. La birra ha un buon successo, e viene rapidamente affiancata dall’American Pale Ale Mazarin, chiamata con lo stesso nome del figlio di Grandin, e poi dalla Double IPA Nebuchadnezzar, che ottiene l’Oro al Beer & Whisky Festival di Stoccolma 2012. Ad inizio 2013 la beerfirm viene eletta dalla community di Ratebeer come il miglior birrificio Svedese del 2012, e la Nebuchadnezzar “miglior birra svedese”.
Le etichette realizzate da Grandin – che vi piacciano o no – sono indiscutibilmente l’elemento di risalto della beerfirm: completamente diverse tra di loro, senza nessun elemento in comune, spiccano per la completa assenza d’informazioni e di logo. Molto spesso non è presente (se non sul retro della bottiglia) né il nome della birra né del produttore: “probabilmente dedichiamo più tempo alla parte grafica di qualsiasi altro birrificio. Le nostre birre non sono le più economiche e quindi vogliamo che il loro acquisto sia un’esperienza che coinvolga il consumatore a 360°; mi piace che la gente si goda anche l’aspetto delle bottiglie, così come avviene per la copertina del loro disco preferito”.
Il resto è la “solita” vita di una beerfirm scandinava, fatta di collaborazioni in giro per il mondo con altri birrifici (Nómada Brewing in Spagna, Buxton in UK, Dugges in Svezia, Prairie in USA) e soprattutto con altre beerfirm: Stillwater, Evil Twin, To Øl.
Siamo in Scandinavia e Omnipollo non poteva certo farsi mancare almeno una Imperial Stout, uno degli stili più amati dei beer-geeks del nord; dopo quella realizzata nel 2013 assieme a To Øl, chiamata Brewmance, nel 2014 arriva dagli impianti di De Proef anche quella 100% Omnipollo.
Viene chiamata Hypnopompa ed è prodotta con 100 chili di marshmallow a cotta e baccelli di vaniglia tahitiana; ammetto che la paura di trovarmi nel bicchiere la classica “birra Disney” (cit.) era molto forte, ma ho seguito un consiglio e sono passato all’acquisto: ne esiste anche una versione invecchiata in botti di Cognac ed una in botti di Bourbon, ed proprio questa che andiamo a stappare.
I due grandi occhi che costituiscono l’etichetta realizzata da Karl Grandin (simpatica per i primi trenta secondi che la guardate) sembrano guardare con un po’ di timore il denso liquido nero che arriva nel bicchiere: la schiuma marrone è un po’ grossolana, di dimensioni alquanto modeste e dalla scarsa persistenza. L’aroma è ricco e complesso, con sentori di legno e di cenere, di carne affumicata, vaniglia, caffè e cioccolato amaro, orzo tostato; completano il bouquet, più in secondo piano, quelli di bourbon, liquirizia, prugna e uvetta di Corinto disidratate. Bene la pulizia, e c’è anche una buona eleganza che non è sempre scontata in imperial stout così massicce. Al palato è quasi masticabile e densa: corpo pieno, pochissime bollicine, cremosissima. Grande intensità anche in bocca, dove un’ondata viscosa avvolge il palato: l’ingresso è dolce, ricco di caramello, vaniglia, melassa, liquirizia e marshmallow, con l’amaro delle tostature, del caffè e del cioccolato amaro che diviene progressivamente protagonista. Lo stesso percorso lo effettua l’alcool (11.2%), con le note di bourbon che divengono evidenti solo nel finale, asciugando quasi il palato. Il retrogusto è sontuoso e lunghissimo: caffè, eleganti tostature, cioccolato amaro, bourbon, sfumature di tabacco, cenere e legno.
Una imperial stout che mi ha davvero sorpreso in positivo: tanta roba, nessuna cafoneria e un’inattesa eleganza; i vari elementi entrano in gioco con grande sincronia, senza disturbarsi o accavallarsi ma sfumando gli uni negli altri con grande morbidezza, tra dolce ed amaro, spingendo il pedale dell’acceleratore solo quando è necessario.
Birra impegnativa, potrebbe quasi sostituire un pasto intero, ma che si sorseggia senza grosse difficoltà e con grande soddisfazione: prendetevela comoda e gustatevela dopocena, prima che arrivi la stagione calda: l'alcool, anche se ben nascosto, presenta alla fine comunque il conto.
Formato: 33 cl., alc. 11.2%, lotto e scadenza non riportati, pagata 7.00 Euro (beershop, Italia)
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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