Doveroso iniziare con una premessa, oggi; non sono un bevitore "seriale". Il poco tempo libero a disposizione mi permette spesso di concedermi solo una bottiglia di birra a fine giornata, dopocena; la passione per il beer hunting ed il costo della birra in Italia (nonchè la reperibilità spesso difficoltosa) mi spingono più che altro a destinare i fondi ($$) a disposizione più che altro per l'acquisto di birre ancora non provate piuttosto che a ricomprare quelle che mi sono piaciute. Questo vincola ovviamente le impressioni che riporto su questo blog a, spesso, l'unica occasione in cui mi capita di bere la birra. La costanza produttiva dovrebbe essere una priorità per ogni birrificio, al di là delle inevitabili tolleranze dovute alle caratteristiche delle materie prime utilizzate che possono sensibilmente variare di raccolto in raccolto. Quando bevo un'ottima birra di solito ne parlo con entusiasmo, elogiandola, senza lasciarmi sfiorare dal dubbio che si tratti di una bottiglia "miracolata" (ovvero il contrario del tanto abusato concetto di "bottiglia sfortunata"). Dopotutto la bottiglia "in forma" dovrebbe essere la norma, non l'eccezione, pur non dimenticando i diversi fattori (distribuzione, stoccaggio) indipendenti dal controllo di chi la birra l'ha prodotta. Viceversa, quando ciò che verso nel bicchiere ha degli evidenti problemi o difetti, il primo pensiero che mi viene in mente è quello della "bottiglia sfortunata". Soprattutto se hai comprato quella bottiglia proprio perché altre persone ne hanno parlato bene, te l'hanno consigliata, o magari ha raccimolato qualche premio in qualche concorso (qui il discorso sarebbe da ampliare, ma non è questa la sede adatta). La scelta "editoriale" di questo blog è di scrivere comunque di quello che c'è nel bicchiere in quella specifica occasione, nel bene e nel male. Dopotutto la birra l'ho pagata (spesso anche ad un prezzo non esattamente economico) e questo blog, dal numero di lettori tutto sommato modesto, non ha lo scopo di pubblicizzare o promuovere gratuitamente o a pagamento nessun prodotto.
Premessa necessaria per parlare della Imperial del birrificio genovese Maltus Faber. Biglietto da visita: numerose stellette nelle diverse edizioni della Guida alle Birre d'Italia di Slowfood, 5° miglior birra italiana secondo Ratebeer 2012, ed in ottava posizione se guardiamo la classifica attuale. E (ed è questo che conta per me, soprattutto), tanti elogi da parte di "fidati" e noti (per chi bazzica sui forum e sui blog) appassionati birrofili italiani. Una birra che avevo da lungo tempo sulla mia "wishlist" e che sono finalmente riuscito a trovare, lo scorso anno, al Salone del Gusto di Torino. Un anno di cantina e finalmente il momento di stapparla, con grande delusione. Marrone scurissimo, praticamente nera; più che di schiuma, è più corretto parlare di una leggera patina cremosa color beige che si forma sulla superficie della birra, e che scompare abbastanza rapidamente lasciando un leggero pizzo intorno al bicchiere. L'aroma è tutto sommato discreto, abbastanza pulito ma non molto pronunciato: sentori di nocciola, caffè e cacao, mirtillo e liquirizia. I problemi iniziano invece al palato: la birra è piatta, scarica, con un corpo medio ed una buona viscosità ma completamente slegata. In bocca è praticamente una tisana di liquirizia; nessuna traccia di quelle caratteristiche che ti aspetteresti in una Imperial Stout; torreffatto, caffè, cioccolato. Liquirizia ed alcool (non fastidioso, in verità) da capo a coda. La rimettiamo sulla wishlist sperando di tornarla ad incontrare, la prossima volta, in condizioni migliori. Formato: 33 cl., alc.7,8%, lotto 153, scad. 01/2014, pagata 5.00 Euro.
non so se il numero dei tuoi lettori sia davvero modesto ma io sono un assiduo visitatore, da anni leggo sempre con piacere le tue degustazioni, anzi, direi che spesso mi "affido" ad esse.
RispondiEliminakeep up the good work!
grazie !
EliminaConsiglio di riassaggiarla.
RispondiEliminaAlmeno nel mio caso, leggera frizzantezza accompagnata da piacevoli tostature.
P.S.
Devo dire che spesso mi piace soffermarmi a sorseggiare un'imperial stout ma purtroppo trovo spesso birre italiane non ancora all'altezza in questo stile; o meglio interpretazioni che a volte puntano talmente tanto sulla bevibilità da perdere in intensità, è solo una mia impressione?...piacevole eccezione è stata per me la songs of the wood (versione 10%) di Foglie D'erba, sempre scorrevole ma con molto più carattere rispetto a molte altre connazionali che trovo sempre un po' "castrate".
assolutamente d'accordo con te. abbiamo varie IS in italia, buone ma non al livello di quelle che fanno all'estero, senz'altro meno corpose.. meno "masticabili" e con meno personalità.
EliminaA memoria ho ottimi ricordi di Death Star del defunto Revelation Cat, la Spaghetti Western (collaborazione Brewfist e Prairie) è secondo me una spanna sopra la media italiana ma non raggiunge il livello di Prairie in USA. Per me ottima anche la Coffee Brett del Carrobiolo, ma è una birra un po' a sè. Idem per Donker e Synesthesia di Extraomnes, ma anche qui si va un po' fuori dalla classica interpretazione di Imperial Stout.
Mi manca quella di Foglie d'Erba, birrificio che non riesco mai a trovare con facilità dalle mie parti.