Hickory è una tranquilla cittadina della Carolina del Nord dove risiedono circa 40.000 abitanti: è qui che nel 1994 Steven Lyerly e Jason Yates hanno acquistato il brewpub Olde Hickory, dotato di un impianto da otto ettolitri assemblato con componenti provenienti dall’industria casearia. Lyerly aveva iniziato con l’homebrewing ai tempi del college: “mi sono reso conto che non avrei potuto vivere facendo l’antropologo, quindi mi sono concentrato sulla birra”. L’economia di Hickory, come quella di tutta la Carolina del Nord, non è in un buon momento: i mobilifici che per anni l’avevano trainata sono in crisi e ci sono molti edifici abbandonati: Lyerly non si lascia sfuggire l’occasione per rilevare a buon prezzo un edificio storico del 1880 in piena downtown che sino al 1960 era stato utilizzato come magazzino per il cotone.
Nel 1998 Olde Hickory inaugura così in pieno centro il suo secondo sito produttivo con impianto da 25 ettolitri che non dispone però di taproom: i clienti devono recarsi in un altro locale che si trova a pochi centinaia di metri di distanza. Il brewpub originale Amos Howards, nel sobborgo di Long View, rimane operativo.
Un’operazione simile viene replicata qualche anno dopo; la stazione ferroviaria di Hickory è in disuso, Lyerly e Yates l’acquistano per restaurarla e riconvertirla in un piccolo polo gastronomico: 50 spine di birra, ristorante, panificio, cocktails, vini e un piccolo mercatino per gli acquisti. Anche questa location si trova downtown ed in prossimità delle altre due. Per molti anni Olde Hickory ha prodotto quasi esclusivamente fusti per alimentare i propri brewpub, ma la crisi economica del 2008 cambiato le cose: “la gente usciva meno a mangiare e dovevamo inventarci qualcosa per continuare a vendere; oggi la nostra produzione è divisa a metà tra fusti e bottiglie”. Le ormai obbligatorie lattine sono arrivate solo a marzo del 2019.
La birra che fa tenere perennemente l’impianto in funzione è la Ruby Lager, ma pian piano anche Olde Hickory ha iniziato a sperimentare con gli invecchiamenti in botte e con birre più “impegnative” come barley wine, imperial stout e acide che oggi vengono anche esportate all’estero.
“La nostra parola d’ordine è comunque sempre equilibrio – dice Lyerly – Siamo ad Hickory. Se fossimo a New York o a Los Angeles sarebbe probabilmente un’altra storia”. Ma qualcosa anche qui sta cambiando: grazie ad una politica fiscale favorevole qualche anno fa Google e Apple hanno costruito i loro nuovi data center ad una ventina di miglia di distanza da Hickory offrendo nuove opportunità di lavoro e tornando a far crescere la popolazione: “l’arrivo di queste compagnie internazionali ci ha portato fortuna, i loro dipendenti erano già abituati alla birra artigianale e ci hanno permesso di andare avanti”.
La birra.
Da qualche anno le Olde Hickory si trovano anche abbastanza regolarmente nei beershop europei ma a prezzi piuttosto elevati: oltre 20 euro per 65 centilitri di imperial stout non invecchiata in botte è per quel che mi riguarda una soglia che non ho intenzione di superare. Ho dovuto quindi aspettare sconti e saldi per assaggiare la mia prima Olde Hickory Imperial Stout: nello specifico una bottiglia del 2017. “Uno dei miei ingredienti preferiti è il miele grezzo. Lo utilizzo in quasi tutte le nostre imperial stout e proviene da un apicultore locale”, dice Lyerly: ovviamente questa birra non fa eccezione.
Nel bicchiere è perfetta: completamente nera, schiuma cremosa e compatta, golosa, ottima ritenzione. A due anni dall’imbottigliamento il naso è ancora piuttosto intenso e non mostra nessun cedimento: fruit cake, miele, pane nero, tostature, caffè, tabacco. Livello di pulizia elevato. Al palato è delicata, setosa, una delicata carezza quasi impalpabile: il corpo è medio, non ci sono particolari viscosità, la bevibilità ne trae beneficio. La bevuta è pulita e bilanciatissima tra il dolce di fruit cake, miele, liquirizia, frutta sotto spirito e l’amaro del torrefatto, del caffè e di una luppolatura che è ancora ben presente. L’alcool si fa sentire quasi solo a fine corsa.
Imperial Stout vecchia scuola godibilissima e raffinata che rientra perfettamente nelle mie corde: molto equilibrata in un percorso che si conclude con un bell’amaro intenso. Con un po’ di corpo in più sarebbe stata per me perfetta, ma va benissimo anche così.
Formato 65 cl., alc. 10.5%, imbott. 13/09/2017, pagata 14,30 € (beershop)NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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