Dopo oltre un anno ritorna su queste pagine la Moor Beer Company, il birrificio del Somerset fondato nel 1996 da Freddy Walker e rilevato nel 2007, quando stava per chiudere, dai californiani Justin e Maryann Hawke; ereditata la passione delle birra e del beer-hunting dal padre, avido lettore di Michael Jackson, ha iniziato con l'homebrewing nel 1995. Il lavoro lo ha poi portato prima in Germania ed in Inghilterra, dove non si è fatto scappare l'opportunità di aprire finalmente un proprio birrificio. La produzione in bottiglia avviene nell'insolito (per il Regno Unito) formato da 66 centilitri: "economicamente sconveniente quello da 33, troppo piccola una birra da 50 per essere goduta a pieno, troppo grande quello da 75, finisci sempre per bere più di quanto dovresti", dice Justin per motivare la sua scelta. La gamma Moor è costituita da molte session beers (con alcool in percentuale inferiore al 4.5%), soprattutto Golden Ales; poco alcool, ma grande intensità nel gusto e nell'aroma, come la splendida Revival che rappresenta il mio primo incontro con questo birrificio.
Hoppiness non è forse un nome particolarmente originale (Ratebeer elenca 28 birre che contengono questa parola) ma è la sola American IPA che Moor produce, sorella minore della JJJ IPA e sorellastra di altre due IPA: una English-style, chiamata Empire Strikes Back, ed una Black, chiamata Illusion. Dal 2009 la Hoppiness fa incetta di premi, anche se soprattutto nei concorsi locali indotti dal CAMRA del Somerset. Nel 2009 e nel 2010 viene eletta "Supreme Champion" del CAMRA Somerset Festival, nel 2012 "Runner Up" dello stesso festival.
E' abbastanza velata nel bicchiere (in numerose interviste in Internet si percepisce una netta avversione, da parte di Justin, per le birre filtrate e chiare), di un bel colore che ricorda la West Coast americana: oro con sfumature arancio. La schiuma è biancastra, cremosa, ed ha una buona persistenza. Il bouquet aromatico è quello atteso, quello che resteresti ad annusare per parecchie ore: niente frutta caramellata o marmellata, qui c'è pulizia, eleganza e fragranza, la stessa che trovereste nello spaccare a metà un frutto: pompelmo, mandarino ed aghi di pino, con qualche nota più dolce di frutti tropicali (ananas e melone). Gli elementi si compongono in maniera splendida, con equilibrio, senza mai stancare le narici. In bocca è molto morbida e scorrevole: corpo medio, poche bollicine, molto scorrevole nonostante un ABV (6.7%) poco "sessionabile". Il gusto allontana subito gli ammiccamenti e le ruffianerie alle quali molte birre dei birrifici inglesi nati in questi ultimi anni spesso ricorrono. Non c'è nessuna spremuta di frutta, ma un gran bell'equilibrio solido, pulito, godibilissimo. Base di biscotto, bell'alternanza di pompelmo e di dolci frutti tropicali con una ben riuscita progressione amara che parte dalla scorza di pompelmo per intensificarsi in toni resinosi e leggermente pepati. E' secca, lascia il palato pulito e soddisfatto, con un bel retrogusto amaro ed intenso che riassume tutto quanto è appena passato dalla bocca: scorza di pompelmo e resina, pepe, con un tocco di dolce tropicale.
Profumata, pulita ed intensa, poche cose, ma tutte nella giusta dose ed al punto giusto: IPA molto ben riuscita. Si scrive Moor, ma si legge (quasi) esattamente come "more", ovvero "ancora, un'altra".
Formato: 66 cl., alc. 6.7%, scad. 31/07/2014, pagata 6.56 Euro (beershop, Inghilterra).
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